Si acuiscono i conflitti e le provocazioni
LA SITUAZIONE NON E’ BUONA 2 – DRONI E FLOTTILLE
Ci siamo lasciati un mese fa, dopo l’incontro Trump Putin, che pareva aver acceso speranze di pace per la guerra in Ucraina, poi rivelatesi vane, anzi con la convinzione, dopo quell’incontro che aveva portato il leader russo nuovamente sulla scena mondiale, i sovietici avessero incrementato i loro attacchi, incuranti di avvertimenti e, in qualche modo, di minacce.
Da allora, in un crescendo “rossiniano” (ci si perdoni il paragone) si è andata delineando una situazione mondiale ancora più seria, sia con l’acuirsi della crisi Ucraina, sia con il drammatico crescendo della risposta di Israele al massacro dei terroristi di Hamas dell’otto ottobre 2023, che ha coinvolto pesantemente tutta la popolazione della striscia di Gaza, testimone e vittima incolpevole di uno scontro che produce solo morte e distruzione. Se questa cosa sia lecita o meno, accettabile o meno lo dirà la Storia, quella Storia che di massacri ed oppressioni sia nel ‘900 che in questo nuovo secolo ne ha già visti , purtroppo, davvero molti.
Ad oggi l’Est e l’Ovest del mondo, con in mezzo la nostra Unione Europea, ancora in cerca di un suo ruolo e di una sua identità, stanno misurandosi in un gioco molto pericoloso e di non facile interpretazione, se non con la certezza che si stia con un cerino in mano vicino ad una tanica di benzina.
I “droni” definiti tecnicamente “piccolo velivolo radiocomandato che funge da bersaglio…” sono all’ordine del giorno per il loro sorvolo su buona parte del territorio europeo, con il timore che questi piccoli oggetti poco costosi e poco ingombranti possano “spiare” i territori o contenere una quantità di esplosivo sufficiente per creare danni e panico laddove vengano avvistati su spazi aerei delle singole nazioni ed in particolare su siti sensibili o aeroporti. Puntare il dito su chi smentisce è argomento quotidiano, come quotidianamente si verificano chiusure di scali aerei non appena questi “oggettini” vengono avvistati e ad oggi ancora non abbattuti.
Questo recente fenomeno oltre a creare tensioni a livello internazionale, comporta un innalzamento dello stato di allerta nei singoli stati e nella NATO, nel timore che questa azione di disturbo possa trasformarsi in conflitto aperto, se non a terra almeno sui cieli, che nella moderna accezione del conflitto tra Stati nell’attuale epoca in cui carri armati ed altro poco possono contro missili ed aggeggi vari velocissimi e telecomandati.
Altro grande fronte di preoccupazione è il conflitto che da due anni contrappone Israele ad Hamas coinvolgendo la Palestina da tempo terra di conquista dei “coloni israeliani” e quella piccola striscia di terra a ridosso del mare che accoglie circa due milioni di palestinesi da anni sotto il “giogo” di una componente terroristica che ha come obiettivo dichiarato di arrivare all’annientamento dello Stato di Israele e sponsorizzata da quella che un tempo era la Persia dei Reza Pahlavi di Mohammad suo ultimo Imperatore, sino all’avvento della rivoluzione islamica del Febbraio 1979, con buona pace dell’allora governo e presidente statunitensi.
Il perché di questa digressione storica ha un suo significato molto importante. L’aver abbandonato l’allora Persia ed aver permesso che il potere finisse nella mani della rivoluzione Islamica, ha prodotto, negli anni, uno Stato teocratico che applica rigorosamente le legge Islamica, non concede spazio al libero dialogo ed è da sempre fautore dei gruppi terroristici, avendo anch’esso come primario obiettivo la distruzione dello Stato di Israele.
Se non si è a conoscenza o non si comprendono queste cose, resta poi difficile comprendere quella che è stata la reazione di Israele, pur nella sua crudezza e mortale sofferenza di una popolazione ostaggio dei terroristi.
Ora, da circa un mese, una buon numero di Nazioni, Italia compresa, ha deciso di portare aiuti a Gaza direttamente dal mare con un insieme di piccole imbarcazioni denominate Global Sumud Flottilla, dove la parola “sumud” significa perseveranza costante, resistenza di fronte alle avversità. Guidate dall’ecologista, attivista svedese Greta Tunberg e composte da un buon numero di cosiddetti “attivisti” tra i quali personaggi economicamente molto benestanti, parlamentari nostrani ed altri personaggi tutti decisi a creare un cosiddetto “corridoio umanitario permanente” per portare aiuti direttamente alla popolazione di Gaza.
Grandissima risonanza mediatica per questa operazione umanitaria solo di facciata, ma strettamente politica nei suoi neppur troppo nascosti obiettivi. Umanitaria solo di facciata poiché una non considerevole quantità di aiuti alimentari poteva in primo luogo essere consegnata attraverso i canali tradizionali prima ed in seguito, quando la Flottilla era già in mare da giorni, secondo le indicazioni di Autorità al di sopra ed al di fuori di interessi di parte.
Ma lo scopo era ben altro e cioè quello di “testare” la resistenza del blocco navale israeliano, posizionato in acque internazionali è pur vero, ma riconosciuto dall’ONU ed inteso a non consentire il passaggio di navi o natanti. E quanto largamente preventivato è puntualmente avvenuto ed è storia di pochi giorni fa il fermo di tutte le piccole imbarcazioni e dei loro occupanti trasferiti in territorio israeliano senza tanti complimenti, ma anche senza uso della forza. Tra di essi anche quattro parlamentari dell’opposizione che, come si sarebbe dovuto, in virtù del loro status sono prontamente rientrati in Italia lasciando la “plebe” nelle carceri israeliane alcuni per pochi giorni ed altri per circa, a detta della nostra diplomazia molto efficiente per una settimana.
I nostri Parlamentari in ottima forma sono stati subito preda dei media ed hanno ripreso a marciare in testa ai numerosi cortei “Pro Pal” che hanno interessato sia il principale Sindacato della sinistra che le città rette da Sindaci della stessa estrazione politica.
Ora, tralasciando le considerazioni di quanto accaduto in questa ultima settimana negli innumerevoli Cortei, ci viene da chiederci come mai un Sindacato ed il suo Capo, si siano posti alla testa di un movimento di protesta e di completa adesione ad una pur nobile indignazione presso lo stato di cose che accadono nella striscia di Gaza.
Ci viene anche da chiederci perché il Capo di un Sindacato anziché pensare al bene dei lavoratori, si sia messo alla testa di un movimento sicuramente politico, dopo che lo stesso aveva mesi fa predicato la famosa “rivolta sociale”. Intenti nobili, non troppo e non sempre, ma agitazioni ed altro che non ad un sindacato, ma alla politica dovrebbero spettare.
A meno che, e chiudiamo, che al Capo di questo Sindacato, ormai in scadenza di mandato, interessi qualche grossa poltrona nel partito che lo sostiene. E come dicevano i saggi anziani di un tempo “A pensar male non si sbaglia mai”
PIER MARCO GALLO








