Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
Inviate i vostri quesiti a: info@prima-pagina.com – Lo sportello legale –
“Buonasera, un mio amico era iscritto in quel gruppo social in cui venivano pubblicate foto ed immagini di donne. Dice di non aver mai postato nulla però è preoccupato di eventuali conseguenze. A cosa può andare incontro? Grazie.
Alcune settimane fa, abbiamo appreso dell’esistenza di un gruppo social con oltre 30 mila iscritti finito al centro delle polemiche per la condivisione delle foto private, nella maggior parte dei casi, delle mogli o delle compagne degli stessi utenti, pubblicate senza il consenso delle interessate.
Le immagini, scattate durante la vita quotidiana, per es. in costume o sedute sul divano in cucina, venivano diffuse come se fossero materiale da esibire e commentare, anche in maniera pesante. La vicenda è emersa grazie alle segnalazioni di un’associazione e di una influencer e, nel giro di appena 48 ore, l’esplosione dell’indignazione pubblica ha costretto il social network a chiudere il gruppo.
Nonostante la maggior parte delle immagini non fossero di nudo, la diffusione di foto private senza il consenso dell’interessato può essere penalmente rilevante ed integrare una fattispecie di reato.
Tra questi sono ipotizzabili il trattamento illecito di dati personali e la violenza privata se le immagini vengono diffuse con l’intento di esercitare controllo psicologico o ledere la dignità della partner.
Potrebbe configurarsi, altresì, il reato di diffusione di immagini sessualmente esplicite (cosiddetto revenge porn) previsto e punito dall’art. 612-ter c.p. con pene che vanno da uno a sei anni di carcere oltre alla multa quando la diffusione di foto senza il consenso della persona ritratta riguarda immagini di contenuto sessualmente esplicito oppure video di natura intima.
Nel concetto di “contenuto sessualmente esplicito” non si intende solo la diffusione di immagini di rapporti sessuali o di nudità totale ma possono rientrarvi anche scatti che richiamano la sfera della sessualità in modo più sottile, come foto di parti del corpo oppure situazioni che, per contesto o atteggiamento, trasmettono un chiaro significato erotico.
Le foto di una donna che stira, che è seduta sul divano o che sbriga le faccende di casa, possono essere ricomprese nel “contenuto sessualmente esplicito” e quindi sanzionate secondo l’art. 612ter c.p. anche solo per il modo in cui sono contestualizzate o commentate dagli utenti della pagina social. Tuttavia, se l’immagine è neutra, cioè priva di qualsiasi richiamo erotico, l’applicazione del reato resta più incerta.
In questi casi, può rendersi necessaria l’integrazione con altre fattispecie, come la diffusione illecita dell’immagine (diritto all’immagine), la violazione della privacy o forme di molestia o di danno digitale.
Nel caso di specie, da quanto si è potuto leggere, le foto pubblicate erano corredate da commenti osceni, volgari, con evidenti risvolti sessuali.
La responsabilità grava non solo sugli amministratori dei gruppi e su chi materialmente posta le foto ma anche su chi inoltra o rilancia condividendo il materiale e tutti ne rispondono penalmente.
Secondo la Cassazione (sent. n. 25516/2024), integra il reato di cui all’art. 612-ter la condotta di chi, pur avendo ricevuto le immagini in una comunità virtuale chiusa, le diffonde all’esterno senza consenso.
Quindi, chi inoltra uno screenshot, lo condivide su WhatsApp o lo pubblica altrove è penalmente perseguibile anche se non ha prodotto l’immagine iniziale.
La chiusura del gruppo risponde all’applicazione di un obbligo giuridico cioè alla rimozione tempestiva dei contenuti caricati dagli utenti da parte della piattaforma che deve operare appena informata della loro illiceità.
Al di là del piano strettamente giuridico, il caso riflette una chiara forma di violenza di genere digitale: un fenomeno basato su una cultura patriarcale del dominio e della mercificazione del corpo femminile, esposto e spettacolarizzato senza consenso.
È una violenza, seppur virtuale, capace di intaccare profondamente la dignità e ed il rispetto delle donne.
Se poi tale pratica viene eseguita dal proprio marito o compagno che, anziché custodire le immagini della moglie o compagna, le divulga ad estranei è ancora più irrispettosa.
Altro aspetto da tenere in considerazione è che le fotografie sono considerate dati personali e la loro diffusione senza consenso può configurare una violazione del Codice della Privacy.
Il consiglio è di fare sempre attenzione al contenuto divulgato all’interno delle pagine social perché l’essere solo spettatore non esime da eventuali conseguenze legali.







