martedì 1 Luglio 2025 - Anno 34

“Il taccuino dell’ospite” di Michele Zacchia

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“Viaggio spesso, non torno sempre” (frase scritta su un muro di Roma): questa intestazione, in epigrafe al libro “Il taccuino dell’ospite” di Michele Zacchia (Rplibri, 2024 pp. 64 € 12.00) anticipa il contenuto e il significato del viaggio poetico dell’autore lungo le incrinature nascoste dei luoghi, la visione simbolica che restituisce agli occhi e all’anima il sentimento dello spazio, i meandri di un linguaggio metaforico, nella densità espressiva delle parole. Michele Zacchia percorre un itinerario di scoperta ancestrale e di ricerca personale nel percorso esistenziale, segnato dal rifugio dell’accoglienza e dall’immediatezza delle sensazioni, incrocia turbamenti inattesi, indica la dispersione del silenzio, combinando l’ispirazione misteriosa per ogni richiamo sconosciuto nell’incognita di ogni previsione emotiva. La poesia di Michele Zacchia alberga nel riflesso inafferrabile della memoria degli sguardi, nella destinazione bruciante delle attese, nelle stagioni imprevedibili in giro per le strade, coniuga il senso dell’accadere all’analisi esegetica del tempo, riconosce gli incastri delle ombre e la fatalità delle speranze, supera il muro di cinta dell’aridità individuale. Michele Zacchia ascolta l’oscillazione dei passi, lastricati dalla polvere del mondo, urta l’incedere dell’instabilità, giunge alla soglia della superficialità, attraversa il varco della decadenza, presta attenzione alla direzione variabile degli ostacoli.
Il territorio privilegiato di osservazione del poeta aggira la cornice sfuggente dell’inquietudine, fronteggia l’enigmatica corrispondenza delle illusioni, circonda la voragine paludosa degli inganni. Michele Zacchia indica la postazione di un impreciso immaginario, intriso di volti, gesti, corpi, sorrisi e lacrime, dove la frammentazione e la desolazione dei contrasti interiori accolgono la superficie lucida e inesorabile dell’itinerario errante.
Esplora la concavità nei segmenti della finitezza umana, contempla la transitorietà di ogni effimero passaggio dei desideri umani, scruta la distensione sospesa dell’istante, vivendone tutta la sua vulnerabilità. “Il taccuino dell’ospite” annota le incertezze motivate nella solitudine di contesti cristallizzati nell’estraneità del margine sensibile, ritrae gli appunti raccolti nel cuore vivo e incisivo dell’inchiostro che dipinge il disorientamento degli ambienti accoglienti e delle atmosfere inospitali, nell’abisso della sfumatura tra il buio del vuoto e la luce della grazia. Il libro rilegge gli spostamenti delle sensazioni, ospita l’origine della commiserazione nell’orizzonte di ogni interpretazione degli atteggiamenti terreni, oltrepassa la materia impalpabile e trascendente dell’entità sovrumana.
Michele Zacchia concede al lettore di visitare ogni stazione del pensiero come sosta cosciente della fragilità degli eventi e delle estenuanti impressioni dell’impermanenza, si lascia inabissare nel sentiero dell’esperienza vissuta accanto alla persistente rivelazione della nostalgia e della dimenticanza. Registra l’ancorata tensione delle evocazioni verso l’intento ultraterreno, eleva l’identità dell’ospite a divinità viva e ragionevole intorno a noi, nel suo mutamento conoscitivo.
Compone, in una scrittura poetica colta, intellettuale, ricca di superbe giunture stilistiche, l’armonia elegiaca che si declina spogliata dal tormento dei ricordi. Un libro che esalta una riflessione carica di esasperata consapevolezza, commemora la mitologia profetica di chi accoglie il dono della poesia.

Rita Bompadre
Centro di Lettura “Arturo Piatti”
https://www.facebook.com/centroletturaarturopiatti/

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