Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
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“Buonasera, io e mio marito stiamo cercando di gestire una separazione un po’ burrascosa e abbiamo due bambini piccoli. Negli ultimi periodi ho trovato in casa delle telecamere di cui non sapevo l’esistenza e che, sicuramente, sono state installate da lui per controllarmi. Lui è spesso fuori per lavoro e, ormai, quando rientra va dai suoi. Avevo pensato di far cambiare la serratura della porta di ingresso per evitare di ritrovarmelo in casa senza preavviso ma vorrei sapere se posso faro oppure se è meglio aspettare di essere separati. Grazie anticipatamente”.
Negli ultimi anni si è andata diffondendo la prassi di installare sistemi di videosorveglianza all’interno delle abitazioni per garantire la sicurezza della famiglia ma quando si tratta di monitorare o spiare il coniuge senza il suo esplicito consenso si incorre nella violazione della legge. La Costituzione Italiana e il Codice della Privacy tutelano il diritto alla riservatezza di tutte le persone, compresi i membri della famiglia.
Il Codice in materia di protezione dei dati personali (Decreto legislativo n. 196 del 2003, modificato dal Regolamento UE 2016/679) che regola l’uso dei sistemi di videosorveglianza, impone limiti ben precisi nel caso di uso domestico.
La legge italiana richiede che tutte le persone riprese dalle telecamere siano informate della presenza di tali dispositivi pertanto se si desidera utilizzare un sistema di videosorveglianza dentro casa bisognerà informare tutti i membri della famiglia su eventuali riprese e registrazioni di immagini.
Tale omissione è considerata una violazione della privacy e, di conseguenza, è reato.
Se parliamo di videosorveglianza tra marito e moglie dobbiamo considerare che il matrimonio si basa su un rapporto di fiducia reciproca; sorvegliare il proprio coniuge senza il suo consenso può compromettere questo rapporto e portare a gravi conseguenze legali.
Installare telecamere segrete per controllare ciò che fa il partner, anche se si ipotizza un suo tradimento, è una violazione diretta del diritto alla privacy e, nei casi più gravi, può configurare il reato di stalking, previsto e punito dall’art. 612-bis del Codice Penale.
Tra le possibili conseguenze possiamo ipotizzare:
– Sanzioni amministrative ovvero multe salate che possono arrivare anche a qualche migliaia di euro per la violazione delle normative sulla protezione dei dati personali;
– Reati penali come, nei casi più gravi, il reato di stalking o altre violazioni della libertà individuale, che possono comportare pene detentive.
– Causa civile da instaurare al fine di ottenere il risarcimento dei danni morali e materiali subiti a causa della violazione della privacy.
La casa coniugale è il luogo in cui la famiglia convive, rappresenta il centro della vita familiare in cui si sviluppano gli affetti e gli interessi dei suoi componenti.
L’istituto della casa familiare è fondamentale in sede di separazione perché, solitamente, essa viene assegnata al coniuge collocatario dei figli, indipendentemente dal coniuge che ne è l’intestatario.
In ragione di questa funzione di collante che la casa familiare ha, il coniuge che lascia l’abitazione prima di una pronuncia del Tribunale può subire l’addebito della separazione. Può capitare che, in seguito a violenti litigi, nella fase subito precedente alla separazione, uno dei due decida arbitrariamente di cambiare la serratura della casa coniugale impedendo all’altro di farvi nuovamente accesso.
Ebbene, dal punto di vista civilistico, chi impedisce all’altro di farvi rientro cambiando la serratura di casa rischia l’addebito della separazione.
La Corte di Cassazione con l’ordinanza n. 30746/2017 stabilisce che “l’atto di cambiare la serratura alla porta di casa è un comportamento aggressivo, tale da comportare l’addebito della separazione. Il coniuge, anche in una situazione di convivenza intollerabile, non può sostituire la serratura di ingresso della casa familiare; per farlo dovrà necessariamente attendere il provvedimento del giudice sulla domanda di separazione, sempre che la sentenza non assegni la dimora. Colui che manifesta il proprio distacco e la propria disaffezione con atteggiamenti aggressivi e trancianti, come ad esempio il cambio della serratura della porta di casa, subisce l’addebito anche in presenza di una colpa dell’altro”.
Pertanto, prima di cambiare la serratura è consigliabile attivare un procedimento di separazione ed attendere il provvedimento del giudice in merito all’assegnazione della casa familiare, ovvero, in assenza di figli l’autorizzazione a vivere separati.
Il divieto di cambiare la serratura di casa prima della pronuncia del giudice si estende anche ai casi in cui uno dei due coniugi abbia già abbandonato la casa coniugale per trasferirsi altrove (Cass. Civ. n. 25626/2016).
Dal punto di vista penale il cambio della serratura finalizzato ad impedire all’altro coniuge l’accesso all’immobile coniugale prima dell’intervento della pronuncia di separazione integra gli estremi del reato di violenza privata.
La Corte di Cassazione, sempre con la sentenza n. 25626/2016, conferma la condanna per il reato di violenza privata della moglie che ha cambiato la serratura della porta di accesso alla casa coniugale al solo fine di impedire al marito di accedere e senza averlo preventivamente informato.
Il consiglio è quello di procedere con il deposito di un ricorso per la separazione personale dei coniugi affinché, alla prima udienza, il Giudice autorizzerà i coniugi a vivere separati e assegnerà la casa al genitore collocatario dei minori che potrà, così, procedere con la sostituzione della serratura.