lunedì 13 Ottobre 2025 - Anno 34

LO SPORTELLO LEGALE

Partner

Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
Inviate i vostri quesiti a: info@prima-pagina.com – Lo sportello legale 


“Buongiorno, siamo una giovane coppia che l’anno prossimo vorrebbe sposarsi. Abbiamo deciso di ristrutturare una porzione della casa dei genitori del mio fidanzato per andarci ad abitare e i miei si vogliono accollare le spese di ristrutturazione. Qual’ora, un giorno, dovessimo separarci le spese affrontate dai miei potranno essere richieste visto che la casa resterà ai miei suoceri? Grazie”

Per risolvere il quesito proposto dalla nostra lettrice viene in aiuto una recentissima sentenza della Corte di Cassazione che segna una svolta nel diritto di famiglia italiano.
Fino a qualche giorno fa, vigeva una regola non scritta ma ferrea secondo la quale nessun accordo tra marito e moglie in previsione di una crisi coniugale poteva essere considerato valido.
L’ordinamento italiano ha sempre considerato vietati i cosiddetti “patti prematrimoniali” cioè quegli accordi con cui i futuri coniugi predeterminano gli effetti economici di un’eventuale crisi coniugale ritenendoli illegittimi perché organizzare preventivamente la spartizione del patrimonio avrebbe potuto favorire o, addirittura, incentivare, la rottura dell’unione matrimoniale.
Negli ultimi anni, complici un cambio di sensibilità culturale e alcune riforme in tema di procedure familiari come l’introduzione della negoziazione assistita in materia di separazione e divorzio, è stata messa in discussione l’assolutezza di quel divieto.
La Cassazione, con l’ordinanza n. 20415 depositata il 21 luglio 2025, ha riconosciuto l’autonomia contrattuale dei coniugi a monte, cioè prima che la crisi coniugale si verifichi; ha attribuito a questi accordi piena legittimità sicché il concetto di famiglia è passato da un’entità superiore a cui sacrificare tutto ad un’unione tra soggetti liberi, consapevoli ed autonomi con un cambiamento culturale e giuridico di grande impatto.
I coniugi diventano titolari di un nuovo diritto all’autodeterminazione che consente loro di pianificare la gestione dei beni anche nell’ipotesi di un eventuale fallimento matrimoniale senza attendere l’intervento di un Giudice: non si tratta di mercanteggiare sul matrimonio ma di evitare che un’eventuale rottura sfoci in guerre patrimoniali devastanti.
Il contratto diventa efficace solo al verificarsi di un evento futuro ed incerto quindi il divorzio non è la causa dell’accordo ma l’evento che ne determina l’operatività.
L’ordinanza della Cassazione nasce da una vicenda concreta che riguardava un accordo firmato da marito e moglie qualche anno prima della separazione, in cui lui si obbligava a corrispondere a lei una determinata somma (pari a 150.000 euro) nell’eventualità di una separazione.
Tale patto era motivato dal fatto che la moglie aveva contribuito economicamente in maniera rilevante alla ristrutturazione della casa familiare e ad altre spese comuni durante il matrimonio.
Attraverso l’accordo, i coniugi hanno inteso assicurare che, in caso di rottura dell’unione, la moglie avrebbe ottenuto un riequilibrio patrimoniale per quanto investito e lei, in cambio, avrebbe rinunciato ad alcuni beni o diritti (un’imbarcazione e parte dell’arredamento, a fronte della promessa di rimborso).
Mentre in passato un patto del genere sarebbe stato giudicato nullo, stavolta la Cassazione lo ha ritenuto valido, inaugurando la stagione dei patti prematrimoniali leciti anche in Italia.
In questa prospettiva, l’intesa non contrasta con i doveri coniugali (che restano inalterati fino all’eventuale separazione) né con l’ordine pubblico, ma anzi realizza principi di equità e di rispetto della parola data fra le parti.
Patti di questo tipo diventano legittimi ed efficaci a condizione che gli obblighi previsti siano proporzionati e non ledano diritti indisponibili delle parti.
L’accordo in questione non equivaleva a una rinuncia preventiva all’assegno di mantenimento o divorzile; la somma pattuita (150 mila euro) era collegata alle spese sostenute dalla moglie e doveva fungere da rimborso/riequilibrio di quelle uscite, non da surrogato di un assegno alimentare.
Tant’è vero che, al momento della separazione, la moglie ha potuto richiedere (e ottenere) sia l’applicazione del patto sia il normale assegno di mantenimento, senza che l’uno escludesse l’altro.
In altri termini, l’accordo prematrimoniale non sostituiva né eliminava gli obblighi di mantenimento eventualmente dovuti per legge, ma aggiungeva un ulteriore obbligo contrattuale liberamente assunto dal marito a tutela del contributo dato dalla moglie alla vita familiare.
La decisione della Cassazione non riguarda solo il denaro ma apre le porte a una concezione più ampia dell’autonomia dei coniugi, che possono accordarsi anche su altri aspetti della vita familiare, come l’affidamento dei figli, le modalità di visita e l’uso della casa coniugale.
Permangono precisi limiti legali circa il contenuto e la portata dei patti prematrimoniali ammessi tra cui:
– Nessuna eccezione ai doveri inderogabili: gli accordi non possono incidere sui diritti-doveri fondamentali dei coniugi (fedeltà, coabitazione, assistenza morale e materiale durante il matrimonio, ecc.) né prevedere clausole che violino norme imperative, tali previsioni sarebbero contrarie all’ordine pubblico e dunque nulle.
– Tutela dei figli minori o non autosufficienti: resta assolutamente vietato accordarsi preventivamente su questioni riguardanti gli eventuali figli della coppia. La responsabilità genitoriale, l’affidamento, il mantenimento e in generale i diritti dei figli non possono formare oggetto di contratti prematrimoniali. Qualsiasi clausola del genere sarebbe nulla, poiché l’interesse superiore del minore è sempre rimesso al controllo del giudice e non disponibile alle parti. Sarebbe nullo un accordo in cui i coniugi stabiliscano preventivamente l’affidamento esclusivo in caso di separazione, oppure la rinuncia di un genitore all’assegno di mantenimento per i figli: tali decisioni vanno prese al momento opportuno valutando il bene dei figli sotto supervisione giudiziaria.
– Proporzionalità ed equità degli obblighi: il contenuto economico dei patti deve essere equo e bilanciato. La Cassazione parla espressamente di obbligazioni “proporzionate” e non lesive di diritti indisponibili. Un accordo troppo sbilanciato a favore di un coniuge, o che imponga un sacrificio economico eccessivo all’altro, potrebbe non superare il vaglio di meritevolezza. Ad esempio, desterebbe perplessità un patto in cui un coniuge s’impegna a versare una somma sproporzionata senza alcuna giustificazione causale, magari solo come “penale” per aver chiesto il divorzio.
– Niente patti sulla misura degli assegni di mantenimento/divorzio: un aspetto non ancora autorizzato riguarda l’eventuale predeterminazione dell’assegno di mantenimento o divorzile. La Cassazione non si è espressa su cosa accadrebbe se i coniugi, in un patto prematrimoniale, stabilissero sin da subito “quanto” dovrà percepire un coniuge dall’altro a titolo di mantenimento in caso di separazione, oppure dichiarassero la rinuncia totale a qualsiasi assegno. È probabile che, allo stato attuale, una clausola così specifica sarebbe vista con sfavore – se non altro perché l’effettiva situazione economica e il tenore di vita dei coniugi al momento della separazione non sono prevedibili con esattezza anni prima. La condizione economica delle parti e la valutazione equa dell’assegno restano per legge rimesse al giudice al momento della separazione/divorzio.
In definitiva, oggi si possono concordare anticipatamente tra futuri sposi solo gli aspetti patrimoniali strettamente relativi a loro due, che non tocchino diritti di terzi (figli) né obblighi inderogabili.
Si possono, quindi, concordare anticipatamente tra futuri sposi solo gli aspetti patrimoniali tra cui rientrano, per esempio, la divisione di beni acquistati insieme (stabilendo chi, cosa terrà in caso di rottura), la restituzione di somme investite da uno a vantaggio dell’altro o della famiglia, la rinuncia a rivendicare proprietà su certi beni in cambio di un corrispettivo, la scelta del regime patrimoniale (comunione o separazione dei beni) e altre simili pattuizioni patrimoniali.
Tutti gli altri aspetti legati alla futura vita privata o sull’educazione dei figli devono rimanere esclusi dagli accordi prematrimoniali che devono essere concepiti come uno strumento di pianificazione patrimoniale e di prevenzione dei conflitti, non come un modo per comprare o vendere la libertà matrimoniale.
La nostra lettrice, alla luce della sentenza della Cassazione, potrà regolare eventuali somme anticipate con la sottoscrizione di un patto prematrimoniale che le darà la possibilità, in caso di separazione, di recuperare eventuali somme investite.

LASCIA UN COMMENTO

Inserisci il tuo commento
Inserisci il tuo nome qui

Partner

Ultimi Articoli