Si va verso un sempre minor uso del nostro cervello…o no?
La mostruosa crescita di internet e di tutto quanto ad esso è collegato, ha prodotto un profondo cambiamento in gran parte del genere umano per quanto riguarda la conoscenza, lo sviluppo del pensiero e della ricerca di qualsiasi dato possa tornare utile o sia necessario per risolvere le più svariate problematiche. Necessita la conoscenza di un certo dato sia esso geografico, storico, matematico o di qualsiasi ramo dello scibile umano? Non lo so conosce ed allora invece di cercare di arrivarci magari per gradi o con un percorso logico, si compone una frase su un display, si schiaccia un certo tasto e 99,9 volte su cento la soluzione è li pronta, esauriente piena di sfaccettature e di tutte le varianti possibili ed immaginabili. L’uso del nostro cervello non è andato alla ricerca della soluzione del problema, magari consultando libri, ma si è unicamente preoccupato di svolgere un certo numero di azioni su una tastiera per arrivare alla risposta desiderata.
Meraviglioso si potrebbe dire; per certi aspetti è così se quel dato cercato e trovato in breve tempo dovesse servire a dar corso ad un progetto di più ampio respiro, ad una sequenza di azioni intelligenti e volte allo sviluppo di un qualcosa, una qualsiasi cosa che metta in azione il nostro cervello e le nostre conoscenze. Ma non sempre è così. Spesso la ricerca di un dato resta fine a se stessa ed il risultato, una volta acquisito, non “resta” nel nostro cervello, ma ritorna nello spazio virtuale dal quale è stato estratto.
Poi, da qualche tempo, si sente parlare di “intelligenza artificiale” di una macchina o per meglio dire un qualcosa con sembianze sempre più umane che si muove, lavora, riproduce gran parte delle azioni che l’essere umano pone in essere da secoli. Addirittura si paventa che questa “macchina umana” possa avere sentimenti, sensazioni, provare gioia o invidia sino ad arrivare alla possibilità di procedere autonomamente in certe azioni lo voglia o no l’uomo che l’ha creata. Vero o meno che siano tutte queste possibilità desta una certa inquietudine il pensiero che in un tempo decisamente non remoto, una macchina pur con sempre più accentuati tratti umani, possa avere una propria autonomia e possa compiere, si spera di no, azioni fuori dalla nostra possibilità di controllo e di intervento.
In un futuro queste “macchine” perfezionate e rese sempre più simili all’umano, potrebbero lavorare per noi senza mai smettere, senza sentire la fatica, senza ammalarsi, senza mai chiedere un aumento di stipendio, le ferie o altre cose che all’uomo in carne ed ossa sono necessarie.
Siamo nella fantascienza o nella immaginazione più sfrenata come in certi film che in anni non molto lontani, di questi argomenti e di queste problematiche si sono a vario titolo occupati. Desta inquietudine questo pensiero in un’epoca in cui tutto appare possibile ed ogni traguardo raggiungibile senza troppa fatica. Esempi ne sono il ruolo degli “influencer” o delle varie “app” che propongono la soluzione a qualsiasi esigenza, la risposta a qualsiasi necessità o pseudo tale. Si va dietro a queste cose, senza che la mente e quel benedetto cervello del quale Madre Natura ci ha dotato, vengano messi autonomamente in azione; senza che ci si sforzi di uscire dal pensiero e dalla proposta altrui, spesso volta non al meglio, ma al facile ed immediato guadagno che queste “professioni” procurano a chi, furbescamente le pone in essere.
La scuola quella benedetta scuola in cui l’applicazione e l’impegno erano la sola via per ottenere risultati sia negli anni di studio che nella vita da adulti, si sta trasformando in un’area di forzato parcheggio che non sempre, anzi raramente, premia il merito e l’impegno, ma combatte aspramente qualsiasi reprimenda, qualsiasi brutto voto seguito ad una scarsa preparazione, brutto voto contestato aspramente da genitori, nonni e parenti stretti, tutti indignati con l’insegnante di turno che non ha compreso il “genio”.
Ed allora sempre più spesso è meglio “sorvolare”, premiare senza merito per salvare il fisico ed anche, a volte, il posto di lavoro. L’asino se trova sempre da mangiare da bere non raglia e non scalcia, quindi non produce danni a chi lo accudisce.
Se l’essere umano, uomo o donna che sia ha avuto in dotazione un “quid” di intelligenza sarebbe per metterla a frutto e non per sistemarla in un angolo e, come tutte le cose poco usate, renderla sempre meno efficiente. Poi, alla lunga si finisce per cadere nella droga, nell’assumere sostanze che ci fanno sopportare tranquillamente ore ed ore di divertimento, nottate passate a bere, riempirsi le orecchie di suoni ad altissimo volume e poi, magari, all’alba di un nuovo giorno, ritrovarsi per strada al volante di un’auto che non ha né bevuto, né fumato ed è quindi con il motore in perfette condizioni per poter causare danni a noi stessi o ad altre persone che disgraziatamente si trovano sulla nostra strada.
Riusciremo nel breve volgere di qualche anno, prima che sia troppo tardi, a riprendere il pieno possesso di noi stessi, dei nostri comportamenti, del nostro pensiero libero da coinvolgimenti esterni, non più suddito del pensiero degli altri e, magari, di una macchina dalle sembianze di una belle ragazza o un bel giovanotto che ci sveglierà a calci nel fondo schiena per mandarci a lavorare al posto suo perché lui è stanco per la notte passata in discoteca.
Pier Marco Gallo