Mostra personale di pittura a Palazzo Robellini ad Acqui Terme, dal 22 marzo al 6 aprile espone Piero Enrico Lombardo.
Orari di apertura: venerdì, sabato, domenica dalle 16.00 alle 19.30.
Piero Enrico Lombardo , nasce a Genova nel 1954, vive a Carpeneto ( Al ) ed esercita la sua professione di architetto ad Ovada.
All’inizio degli anni ’80 dipinge opere di carattere informale che inserisce abitualmente negli spazi abitativi, commerciali e direzionali da lui progettati.Negli anni ’90, influenzato dalla “ Pittura Analitica “ e dall’incontro col Maestro Enzo Cacciola, inizia a ideare i suoi lavori , creando un connubio tra materia e geometria. Nelle sue opere sono presenti i materiali usati nell’edilizia: malte, cemento, collanti, metallo e smalti, che abbinati, mescolati e fra loro compenetrati danno forma a opere astratto-geometriche.
Clement Greenberg, il critico d’arte newyorchese mentore di Pollock e Rothko, nel 1948 scriveva nel celebre testo “The new sculpture”: la nuova scultura tende ad abbandonare la pietra, il bronzo e la creta per materiali industriali quali il ferro, l’acciaio, le leghe, il vetro, la plastica, la celluloide, ecc. lavorati con gli attrezzi del fabbro, del saldatore, del carpentiere. E poco oltre: La distinzione tra intaglio e modellato diventa irrilevante: l’opera o le sue parti possono essere fuse, lavorate, tagliate o semplicemente messe assieme; l’opera non è tanto scolpita quanto piuttosto costruita, edificata, assemblata, ordinata.
Ho pensato a quel testo la prima volta che ho visto le opere di Lombardo. Lavori fatti di materiali diversi, malte, collanti, resine, smalti, cemento. E grate metalliche, reti.
Ho pensato a quanto fossero ambigue, dunque al mio occhio affascinanti, quelle opere in forma di quadro, ma evidentemente costruite con manualità attenta, scultorea ed organizzazione architettonica.
Poi, parlando con Piero e conoscendolo, ho scoperto della sua volontà di lasciare ogni opera vivere nel mondo (come ovviamente è obbligato a fare ogni artista che non voglia essere geloso collezionista del proprio segreto creativo): lasciare quelle grate metalliche, inglobate, come fuse nel colore e in vari materiali, arrugginire ed ossidarsi. Cioè vivere, mutare nel tempo. Non riesco a dire, e non lo chiedo a Piero, se il suo metodo di lavoro creativo sia pittura o scultura, collage piuttosto che assemblage o altro ancora.
So per certo che nei lavori di Lombardo trovo dimostrata la tesi che vuole un’opera visiva e plastica contemporanea spesso così diversa da quella legata alla tecnica classica, direi michelangiolesca, del togliere il superfluo. Aggiungere invece, assemblare materiali diversi è ciò che interessa Piero Enrico, così tanto da mandare in frantumi l’unità apparente di ciascun suo lavoro. Lasciando cioè aperto uno spazio, o meglio un processo, virtualmente infinito in cui nessun elemento è davvero necessario o definitivo e l’insieme s’identifica semplicemente con lo stato provvisorio in cui l’opera viene abbandonata.
Mi pare un’arte quella di Lombardo sì analitica, ma forse ancor più processuale. Un’arte dove i materiali, il colore, le scelte costruttive e la geometria, tutti concorrono alla riuscita del lavoro. Il quale poi si offrirà allo sguardo e al giudizio, severo, del tempo.
E chiudo, dedicando questo pensiero a Piero Enrico, che so essere tanto colto quanto ironico, ricordando una celebre, e da me amatissima, frase del grande artista francese François Morellet, autore di alcune fra le Griglie e Trame più famose della modernità:“Mi piace la rigidità della geometria, ma quello che mi piace davvero è rovinarla”.
Willy Montini