sabato 27 Luglio 2024 - Anno 33

COUNSELING E FRUSTRAZIONE

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La frustrazione è un argomento che tocca le zone profonde dell’anima. Viene definita come quello stato emotivo che nasce in conseguenza di un mancato soddisfacimento di uno scopo, di un bisogno o di un desiderio: nel momento in cui il piacere viene negato ecco qui che fa capolino la frustrazione.
Emozione considerata antica quanto l’uomo mentre la rabbia, l’odio e l’invidia sono solo degli effetti secondari rispetto alla frustrazione.
Se l’uomo fosse in grado di vivere in sintonia con la propria capacità pulsionale, con la capacità di costruire un sistema sociale non coercitivo ma libero, se fosse capace di ascoltare semplicemente lo scorrere della vita senza opporsi ad essa, allora la frustrazione avrebbe ben poca ragione d’essere.
La frustrazione della nostra libido diventa la ragione della nostra chiusura, della nostra contrazione rispetto a tutto ciò che di pulsante e vitale esiste al mondo: frustrazioni ripetute e continue sono l’origine del nostro no alla vita, delle nostre piccole e grandi nevrosi, del nostro modo così ristretto di vivere ogni giorno.
Di fronte alla frustrazione possiamo reagire con caparbietà e assertività, cercando di non perdere di vista l’oggetto del desiderio e tentando di eliminare l’ostacolo che ci divide da esso. Possiamo avere delle reazioni aggressive e crisi, cosa che potrebbe accadere anche nelle persone modello “acque chete”, che ingoiano bocconi amari per poi esplodere in teatrali crisi di rabbia rivolte sul primo malcapitato, sul diretto interessato o, se il senso di colpa è grande, esclusivamente verso se stessi.
Ma quando supera una certa soglia, allora è tutt’altro che positiva: ansia, angoscia, ma anche distacco dalla situazione e apatia, possono colpire la persona.
Soprattutto nei soggetti con bassa autostima e passività ci sarà una danza sfrenata dei sensi di colpa, auto-colpevolizzazione anche priva di motivazione, idee eccessivamente pessimiste e svalutanti e sicuramente un senso di impotenza. Nei casi peggiori si arriva alla paralisi intesa come l’abbandono di qualsiasi attività per senso di inadeguatezza e incapacità totali.
Ci sono persone che davanti alla frustrazione sembrano impassibili, spesso sono quelle che la vivono in modo peggiore proprio perché non riescono ad esprimerla e si rodono il fegato senza uscirne.
Conoscere le possibili cause permette di identificare delle condizioni che portano in sé un potenziale effetto frustrante su chi le vive e quindi agire in ottica preventiva.
Le cause si possono suddividere in quattro categorie (approssimativamente): cause legate all’ambiente fisico: le più tollerate, l’ambiente che non permette di soddisfare i bisogni di chi lo vive. Quindi la domanda da porsi potrebbe essere se state bene nell’ambiente in cui lavorate o vivete.
Cause legate al contesto relazionale o sociale: si parla di regole, modalità di lavoro, libertà di vivere il contesto, integrazione, accettazione sociale, imposizioni pregiudizi e condizioni sociali.
Cause famigliari: molto influenti, si riferiscono al clima famigliare estremamente rifiutante o proibitivo, a livelli di stress elevati, indifferenza e trascuratezza verso i bisogni specialmente emotivi, incoerenza, maltrattamento e tutto ciò che rende l’ambiente e le relazioni famigliari disfunzionali.
Cause personali: difetti personali di carattere psichico, fisico e intellettivo, difficoltà, scopi non raggiunti, conflitti tra fasi di crescita o vissuti interiori. Insomma tutto ciò che è puramente personale e non dipende da altro.
Va da sé che le stesse cause hanno effetti diversi sulle singole persone. Ognuno reagisce a suo modo.
Quando ci si è consapevolizzati e “vissuto” il disagio della frustrazione è bene fermarsi e cercare un modo per uscire da questo stato d’animo e riprendere la vita tra le mani.
Il primo passo è accettare la frustrazione ovvero la mancata realizzazione di quanto atteso, permettendosi di sbagliare in caso di errore, accettando gli ostacoli e riducendo il pensiero catastrofista. Fare spazio al pensiero positivo e al locus of control interno e vivere l’esperienza come opportunità.
Ridefinire i bisogni, i desideri e gli obiettivi da raggiungere, considerando la reale possibilità di soddisfarli nel contesto in cui si è: cosa servirebbe, cosa rende la soddisfazione difficile, ridimensionando le aspettative verso di sé ma specialmente verso gli altri che non si possono cambiare e controllare.
Cercare le alternative possibili, dandosi i la possibilità di cambiare e di esplorare nuove realtà, di cercare un modo diverso di raggiungere gli scopi o, perché no, modificare la meta. Dare a se stessi la possibilità di riprovare, mettendo in campo ogni risorsa possibile per non lasciare nulla di incompiuto e possibile fonte di rimpianto, essere assertivi ed esprimere consapevolmente ciò che si pensa e prova senza lasciare agli altri il potere di decidere per sè.

Filippo Chiarlo
Gestalt Counselor Professionale
f.chiarlo@email.it

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