mercoledì 11 Dicembre 2024 - Anno 33

RAGIONE E GIUSTIZIA

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Le peggiori memorie del passato ritornano in un fosco presente.
RAGIONE E GIUSTIZIA

Le due parole del titolo, perfette ed inattaccabili, nascondono nel loro interno infinite sfaccettature ed infinite interpretazioni quando entrano in scena nella politica mondiale del nostro tempo, come lo fu già in passato. Il perché affermiamo questo sta nel fatto stesso che sia l’una che l’altra parola non sono intoccabili se applicate a due o più situazioni diverse create da possibili errori del passato.
Quella parte dell’Africa Settentrionale che al termine del secondo conflitto mondiale, vennero per lo più suddivise con un tratto di righello e penna su una carta geografica, hanno e stanno generando le sofferenze di un oggi che è preda degli appetiti di molte nazioni, che il trascorrere del tempo ed altri errori, hanno reso avide di potere.
Ci riferiamo, come appare ovvio, al popolo israeliano e palestinese, a due concezioni diverse di stato e religione, a due etnie che sono state “rinchiuse” in spazi che, appartenuti all’una, non riescono a dividere pacificamente con l’altra. E poi ci riferiamo non già al popolo, ma ai governanti di Iran e Russia, accomunati dalla volontà palese o velata di eliminare una delle due parti ed è facili intuire quale. E poi ci sono altre nazioni che stanno velatamente alla finestra, cercando, ci pare, di avere il massimo profitto con il minimo sforzo.
In questa “opera maxima” chi ne soffre sono le persone, la gente più o meno umile, più o meno ricca o benestante, ma lontana dalle stanze dei bottoni o preda di furore bellico per seguire un’ideologia che dovrebbe garantire, ma non lo ha mai fatto, una potenza ed un benessere futuro.
Ed allora diciamolo chiaramente dove sta la giustizia e dove sta la ragione. Da una parte? E quale? Quella di un popolo che si è visto occupare delle terre su cui viveva? Quelle di un popolo “errante” che dopo indicibili persecuzioni e sofferenze si è visto assegnare un territorio dove risiedere, prosperare e vivere in pace?
Ecco le facce diverse di queste due parole, entrambe applicabili all’una o all’altra fazione che sente come proprie le ragioni del suo essere li e sente come proprie le azioni per addivenire all’annullamento dell’altra parte, costi quel che costi, che sia guerra o  terrorismo, che sia logoramento o crimine con l’uccisione di innocenti da una parte o dall’altra.
Ma forse, sulla giustizia potrebbe prevalere la ragione, la convinzione che, comunque il combattersi porta solo benessere a chi non si schiera apertamente, ma sta alla finestra a vedere  e contare i morti e prepara la sua entrata in campo a cose finite, per proporre una tregua, una pace non duratura, ma che porterà benefici economici e potenza politica laddove prima non la esercitava.
Far fare le guerre agli altri per poi trarne vantaggi e gioco antico che da sempre a portato lutti tra i contendenti e benefici agli altri attori interessati.
La ragione e la giustizia dovrebbero essere all’interno delle menti dei due popoli in odio tra di loro, non tanto per evitare di essere sconfitti dall’altro, ma solo per evitare di essere a poco a  poco entrambi comunque umiliati e preda di chi sta fuori dalla trincee, fuori dai raid aerei, fuori dai missili, fuori dalla bombe che poi tanto intelligenti non sono se distruggono indiscriminatamente ogni cosa quando colpiscono.
Stiamo ricadendo negli errori del secondo conflitto mondiale le cui avvisaglie sono sovrapponibili allo stato dei fatti di oggi.
Dal 1939, ad 84 anni dai primi spari, pochi ricordano gli antefatti, pochi si ricordano delle folle oceaniche plaudenti al “Capo” quasi fosse un nuovo Messia, quel Capo che sia tra i vinti che tra i vincitori ha portato morte e distruzione, arretramento culturale ed  economico, svilimento dell’essere umano considerato buono per il cannone o il fucile, ma non utile come essere  pensante  e che a seconda della pelle o della nascita veniva poco considerato anche come persona degna di vivere.
Se abbiamo bisogno di rifare tutto  quello di oltre ottanta anni fa, vuol dire che un certo modo di vivere non ce lo siamo meritati, perché non abbiamo, negli anni, saputo sceglierci dei Capi adeguati ed illuminati, ma abbiamo continuato ad inseguire delle chimere come dietro agli ennesimi “Pifferai Magici”.

Pier Marco Gallo

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