Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
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“Buonasera, sono un padre separato ormai da qualche mese. Io e mia moglie abbiamo due bambini piccoli e lei non perde occasione per pubblicare sui social le loro immagini. Io ho provato, più volte, a dirle che non sono d’accordo ma lei continua. Posso agire in qualche modo oppure non ho voce in capitolo?? Grazie”
In linea di massima, chi pubblica sui social foto o immagini altrui senza il consenso dell’interessato, commette un reato.
Ma chi di noi non ha mai postato, almeno una volta, una foto di gruppo senza chiedere prima il consenso a tutti i presenti? L’entusiasmo, a volte, ci fa dimenticare che le foto e i filmati da noi pubblicati finiscono sotto gli occhi di migliaia di internauti.
Il reato commesso è punibile con il carcere in quanto costituisce una condotta che, a volte, può essere in contrasto con la legge che regola la pubblicazione di immagini altrui e con quella più recente che tutela la privacy delle persone.
Se la pubblicazione illecita dell’immagine o del video offende la reputazione di chi vi è ritratto, si potrebbe dover rispondere anche del reato di diffamazione con la reclusione da 6 mesi a 3 anni o della multa non inferiore e €. 516,00.
Per la configurazione del reato, non è necessario che la pubblicazione arrechi danno alla vittima rappresentata, basta che le provochi semplicemente fastidio o turbamento.
I social sono terreno fertile per questo tipo di reati, complice anche l’assenza di cultura giuridica a riguardo.
Tornando però al quesito del nostro lettore dobbiamo sottolineare che per pubblicare foto di minori di età inferiore ai 14 anni è necessaria l’autorizzazione dell’altro genitore.
La giurisprudenza più recente ribadisce il diritto dei figli a non essere sovraesposti mediaticamente, in quanto il ritratto fotografico è un dato personale e la sua diffusione costituisce un’interferenza nella vita privata dei bambini stessi.
Nel caso dei minori vi è una tutela privilegiata sul diritto costituzionalmente rilevante all’immagine e alla riservatezza proprio perché loro, rispetto agli adulti, essere meno coscienti dei rischi, delle conseguenze e dei loro diritti sul trattamento dei dati personali.
Anche nelle foto di classe, in pubblicità e in televisione, occorre che entrambi i genitori firmino una liberatoria perché la dignità del minorenne prevale sempre su qualsiasi criterio o motivo della pubblicazione.
Tale divieto deve essere rispettato da tutti: da entrambi i genitori (se uno dei due non autorizza, l’altro non può pubblicare), dai familiari (nonni, zii, ecc.), dai docenti, dai titolari di associazioni e attività creative (come scuola calcio, di danza, di canto, ecc.), dai reporter e giornalisti, i quali devono anche valutare l’utilità sociale del servizio da divulgare sui mezzi di comunicazione. Tuttavia, prestare il consenso a scattare una foto non significa autorizzarne anche la pubblicazione.
Se ad esempio ad una festa un bambino posa insieme ai compagni di classe dietro la torta di compleanno, il genitore del festeggiato non può poi postare lo scatto su Facebook o Instagram senza il permesso dei genitori di tutti gli interessati.
Anche annunciare sui social la nascita del figlio riportando dati sensibili, come il nome e la data di nascita, espone il bambino al rischio di furto d’identità.
Chi commette tale reato risponde al D.lgs. n. 196/2003 (“Codice della privacy”) che stabilisce, per chi pubblica foto di bambini il reato di trattamento illecito di dati.
Il divieto della pubblicazione di foto di minori trova il suo fondamento giuridico nell’art. 10 del Codice civile, nell’art. 8 Reg. Ue n. 679/2016, nell’art. 2 quinquies D.lgs. n. 101/2018, nella legge 176/1991 che ha ratificato in Italia la Convenzione di New York sui diritti del fanciullo, e negli articoli 2 e 31 della Costituzione.
Il reato della pubblicazione di foto di minori con meno di 14 anni su internet è punito con la reclusione da 6 mesi fino a 3 anni, ed è previsto, a favore della vittima, il risarcimento ai danni. Spetta al giudice determinare l’entità del risarcimento sulla base di fattori come visibilità del minore; esposizione al rischio; pubblico che ha accesso alla foto; durata del tempo di pubblicazione della foto.
Anche in caso di rimozione a posteriori della foto, il risarcimento del danno va comunque garantito, trattandosi di una lesione alla riservatezza dei minori.
Sia l’azione penale (consistente nel deposito della querela presso polizia, carabinieri o Procura della Repubblica) che l’azione civile per il risarcimento del danno (consistente nella causa in tribunale, avviata con la notifica dell’atto di citazione) devono essere portate avanti dai genitori. La richiesta di risarcimento del danno può essere presentata o nel corso del giudizio penale, attraverso la costituzione di parte civile, o con un autonomo giudizio civile e la somma incassata dovrà essere utilizzata dai genitori nell’interesse esclusivo del figlio.
Il GDPR (General Data Protection Regulation, il regolamento europeo sulla privacy n. 679/2016) ha fissato a 14 anni l’età del consenso per la pubblicazione delle foto.
Dopo i 14 anni i giovani adolescenti, anche se ancora minori, possono scegliere liberamente di aprire un proprio profilo social, pubblicare foto personali o autorizzare terzi a farlo.
Per prevenire un reato di questo tipo ma pubblicare le foto di minori senza consenso, è opportuno oscurare i volti, renderli irriconoscibili oppure evitare di riprendere il viso.
Il Garante della Privacy raccomanda massima prudenza nel pubblicare foto o video perché nel Deep Web, la rete più profonda e sommersa che sfugge ai regolamenti di tutela, spesso si consumano tanti reati, quali pedopornografia, traffico di esseri umani, spaccio di droghe, farmaci e armi, prostituzione e commercio illegale, fenomeni virtuali che inducono i minori al suicidio come il pericoloso “gioco” del Blue Whale.
Si consiglia al lettore di diffidare con raccomandata a/r la moglie separanda dal continuare a pubblicare foto, video e/o immagini dei minori sui social comunicandole che, in difetto, si procederà al deposito querela presso le autorità competenti con conseguente richiesta di risarcimento del danno.