Si potrebbe stare meglio, ma ci sono tanti se, TROPPI SE….
In questi ultimi dieci/quindici anni si sono susseguiti una serie di eventi quasi tutti di portata negativa ed allo stato attuale delle cose la nostra cara sfera (o quasi) Terra non sembra essere in grado di riportare ad un poco di ordine e men che meno ad una diversa politica i suoi abitanti, governati o gente comune.
Da dove partire è davvero difficile. Partiamo dal più grande e grave evento che ormai conta quasi un anno e mezzo: la guerra tra Russia e Ucraina. Aggressore ed aggredito nell’accezione più comune. Finirà? Si, forse, magari… ma quando e come non si sa, con buona parte degli stati del pianeta interessai direttamente o cointeressati non solo per riportare una pace duratura, ma per interesse proprio. Anche vicino a noi al di la dell’Adriatico ci sono pentole che stanno bollendo forte e non si capisce ancora bene chi riuscirà a toglierle dal fuoco.
E poi abbiamo il clima, quel fenomeno di indiscusso cambiamento della nostra quotidianità, delle stagioni, della possibile catastrofe in agguato ad ogni evento un poco più grande del normale che va ad impattare con il nostro cemento, con le nostre costruzioni in ogni posto possibile, con il nostro abbandono del suolo, con la nostra indiscussa ignoranza nel capire che anche ciò che politicamente rende poco, a gioco lungo si rivelerà la carta vincente per un vivere più sereno. Ci siamo abituati a nascondere ogni cosa “sotto il tappeto” a chiudere fossi, canali, torrentelli.
Ci siamo ingegnati di creare argini fragili e di costruirci sotto, deviando, stringendo imbrigliando ciò che la natura ci aveva insegnato a lasciare liberi.
Siamo di una ignoranza abissale nella cura del territorio. Dobbiamo avere case belle, auto belle, strade belle, città belle, scarpe mai con un poco di fango sotto le suole. Abbiamo reso impermeabile una quantità enorme di territorio e continuiamo a farlo. Tanto è poi sempre colpa del cambiamento climatico.
E così giù con il “green” con gli ecologisti, i “santoni” che predicano cambiamento di abitudini, di modi di vivere, di modi di essere, di tanto elettrico, di tanto “non fossile”, di case che vanno cambiate completamente a nostre spese e, ovviamente, di plastica che non va più usata perché inquina, dimenticando che siamo noi e solo noi a farne un pessimo uso abbandonandola in ogni dove.
Dicevano i Saggi che se si dimenticano le proprie radici, si perde tutto. Ed è quello che ci sta accadendo. La “movida” la perenne vacanza, lo sballo, il poco lavoro ma molto ben pagato, l’assistenzialismo, la vita senza un piano per il futuro, il poco rispetto per l’altro, ci stanno portando lontani dal nostro DNA, lontano da quelle nostre radici che ci hanno consentito di progredire, di uscire dalle grotte, dalle palafitte dalle misere casupole di poi non tantissimi anni fa, dalla fame che attanagliava la povera gente che passava la vita su un fazzoletto di terra a volte neppure di proprietà. Il “tutto subito per tutti” è un cattivo consiglio, una strada che non porta da nessuna parte. La dignità di persona si conquista con il lavoro, con il proprio pensiero su ciò che ci circonda, sulle azioni ragionate e non suggerite da “influencer “vari e molto interessati ad ammucchiare denaro.
La propria dignità di persona si conquista anche lavorando il sabato e la domenica e riposando in un altro giorno della settimana. La propria dignità si conquista restando informati ed attenti a non “bere” tutto quello che i media ci propinano trasformandoci spesso in quegli “utili idioti” che si asservono a cause che altri fanno loro portare avanti per proprio interesse.
Abbiamo corso alla velocità della luce e messo su tante cose, quasi senza volerlo, ma ci stiamo trovando di fronte a tanti avvenimenti grandi e piccoli e ad affermazioni che a volte travalicano non solo il buon senso, ma, viene da credere, anche la stabilità mentale di chi le dice. Poi abbiamo una serie di “poteri” che sono molto potenti (perdonate il gioco di parole): gli ecologisti, gli animalisti, gli attivisti che di ciò che sta loro intono sembrano avere una visione ristretta ed a senso unico con la sola salvaguardia di ciò che vanno professando costi quel che costi. Ci hanno fatto molto riflettere le parole di quell’allevatore della Romagna il quale ha pacatamente fatto presente che per salvare le nutrie gli sono morti 600 suini dopo 40 ore di agonia nell’acqua e, forse, anche le 15 vittime di questa catastrofe sono sulla coscienza di qualcuno che ha loro permesso di vivere in zone nelle quali avrebbero dovuto scorrere le acque dei fiumi e dei torrenti chiusi in argini di terra larghi poche decine di metri e con il loro letto, anche quando asciutto più elevato rispetto alle abitazioni lasciate costruire a poche decine di metri da quei mucchi di terra chiamati argini. Ma basta chiamare in causa il cambiamento climatico che tutto si aggiusta. Nessuno ha colpa e nessuno avrà responsabilità, né oggi ne in futuro, per quanto accaduto e purtroppo accadrà se non si inizierà a recuperare un poco della saggezza dei nostri vecchi, molto dei quali, purtroppo, non avranno più la possibilità di dare buoni consigli perché “passati a miglior vita” come si suole dire.
Pier Marco Gallo