venerdì 29 Marzo 2024 - Anno 33

IL VENTENNIO DELL’EURO

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Tra molte speranze, poche gioie e molti dolori.

Festeggiare un ventennio potrebbe riportare alla memoria dei meno giovani un altro “famigerato ventennio” che prima esaltò e poi distrusse il nostro Paese.
A distanza di molti decenni ed in piena democrazia, ci siamo imbattuti in un secondo ventennio certamente meno cruento e movimentato, ma che, negli anni, ha provocato e sta provocando diversi danni, vuoi per la debolezza insita da sempre nell’Unione Europea, vuoi per il mancato controllo iniziale nel cambio tra lira ed euro, lasciato praticamente a se stesso nel nostro Paese. Tutti noi ricordiamo le famigerate “macchinette calcolatrici” inviate dal Governo a piene mani alle famiglie al fine di calcolare per bene i centesimi di euro.
Ma tutti noi ricordiamo anche che quei centesimi poco contavano e poco contano oggi poiché il valore della nuova moneta anziché essere scambiato poco sotto le duemila lire per un euro, era stato presto portato al valore di mille lire per un euro, senza che da parte dell’allora Governo, si fosse attivata un’azione di severo controllo per riportare il valore ed il conseguente cambio, a quello previsto.
Risultato fu che ben presto i prezzi di ogni genere o servizio si raddoppiarono, mentre gli stipendi, le pensioni e tutti i redditi da lavoro si dimezzarono nel loro potere di acquisto.
Si tirò avanti alla meglio “galleggiando” per qualche anno, ma poi, nel 2008 ci calò addosso una bella crisi dalla quale ancora oggi, anche “grazie” al Covid non ci si è ancora ripresi.
Nei giorni scorsi i media hanno tentato a più riprese di “celebrare” questo avvenimento, ma dire che l’eco sia stata modesta vorrebbe significare l’ingigantire il ricordo.
Eppure nella nuova moneta si erano poste tante speranze. Si diceva che sarebbe stata la nostra salvezza, come lo sarebbe stata l’unione di quegli Stati che formavano la nuova Europa. E forse si arrivò anche a crederci, ma per un breve periodo.
Poi, quando le cose virarono verso il peggio, un esponente di primissimo piano del Governo europeo ci venne a dire che sì, la moneta non era ancora granché, ma era come un bimbo piccolo che poi, crescendo, si sarebbe irrobustito e rinforzato. Ma non avvenne e questo sviluppo ad oggi tarda a venire.
Ricordo i prezzi di un pranzo o cena al ristorante passata da £25.000 ad € 25,00 una piccola riparazione di sartoria passata da £ 5.000 ad € 5,00 e questi due sono solo alcuni degli esempi di equiparazione dell’euro alle mille lire. Poi, come accade in tutte le cose, il “cambio fasullo” è entrato nel dimenticatoio, ma gli esiti sono rimasti con un potere di acquisto dimezzato e tutto quanto si doveva acquistare raddoppiato.
Anche la politica nei confronti del ceto medio non è certo stata benevola dapprima vedendo la casa di proprietà come un “lusso” e poi procedendo a tassarla in mille modi, per finire ad oggi con i prezzi degli alloggi precipitati a livelli bassissimi e con un mercato molto statico.
A tutte queste cose è poi seguita l’avanzata del continente africano verso l’Europa nella speranza di raggiungere un mondo che solo in apparenza poteva sembrare migliore.
Ma anche tutto questo ha un costo sociale elevato al quale si deve far fronte ed i benefici, per queste povere persone, non sono sempre all’altezza di ciò che si spende.
L’Euro, pur con tutte le riserve del caso, ci viene da credere sia stata l’unica cosa seria che l’unione degli Stati sia riuscita a creare, anche se da noi mal gestita. Per il resto la UE non è riuscita ad amalgamare gli Stati presenti al suo interno che, in un modo o nell’altro tengono ben stretta la propria autonomia, tengono ben stretto un singolo nazionalismo che mal si amalgama con il tutto.
Conseguentemente i costi altissimi per il mantenimento dell’UE non paiono aver portato benefici in questo arco temporale e non paiono, in prospettiva, aver contribuito ad un maggior benessere generale. Fanno bella mostra di se grandi palazzi ed i grandi saloni che accolgono i numerosi rappresentati europei ed il loro numeroso seguito, ma questo grande albero produce pochi frutti e non sempre di buona qualità.
Vorremmo essere tacciati di pessimismo e dover ammettere di essere in errore, ma su ogni fatto, su ogni azione comune, pesa tanta incertezza e tanta preoccupazione di interessarsi laddove interessamento non necessiterebbe come recentemente accaduto con la parola “Natale” che qualche “alto esponente” nostrano si è ben guardato di citare nei suoi interventi per non innervosire chissà quale gruppo, di qualunque rispettabilissima fede esso sia. Possiamo chiudere qui le nostre considerazioni che potranno o meno essere condivise da chi avrà avuto la bontà di leggerci, ma resta il fatto che i nostri ultimi 20 anni non passeranno certo alla storia come i migliori ed i personaggi che si sono susseguiti alla guida europea, pur con punte (poche) di vera eccellenza sono sempre stati più orientati all’interesse del proprio Stato che al bene comune.

Pier Marco Gallo

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