Delinquenza giovanile in costante crescita
Quello che negli scorsi anni appariva come un fenomeno prettamente USA, complice il grande “rimescolamento” della popolazione mondiale ante virus, è giunto prepotentemente anche qui da noi rendendo le grandi città e non solo, potenzialmente molto pericolose per i nostri giovani, ma anche per fasce di età diverse.
Giovani italiani, nella stragrande maggioranza minorenni, ma anche immigrati di prima o seconda generazione si organizzano in gruppi criminali che sembrerebbero avere il solo scopo di tenere “sotto controllo” una parte del territorio sul quale esercitare la loro violenza per derubare e picchiare il malcapitato di turno.
La moderna psicologia sta tentando di attribuire questo fenomeno all’esuberanza del mondo giovanile per lunghi periodi costretto in casa o isolato a causa della pandemia.
Ma la spiegazione appare debole e come …campata li, quasi a giustificare azioni che qualche decennio fa si sarebbero presto concluse in famiglia con qualche salutare punizione da parte dei genitori e la minaccia di ulteriori “restrizioni” in caso di recidiva.
I giovani, da sempre, fanno dell’esuberanza il loro modo di essere, fanno dell’accostamento a ogni “causa” una ragione per “segnalarsi” al mondo degli adulti, quel mondo del quale, un domani, saranno chiamati a far parte in prima persona.
Ma, ci viene da credere che dietro questo fenomeno ci sia molto altro. Ci sia la debolezza di una società stressata da mille problemi, angosciata dall’incertezza del domani, incapace di gestire se stessa e le famiglie che ne fanno parte, sia residenti da sempre sul territorio o arrivateci nei modi più disparati.
Un tempo, malinconicamente molto lontano, le famiglie pretendevano dai figli di “fare bella figura” di non macchiare il buon nome di essa, costasse quello che costasse, lo si volesse o meno. La strada era una ed una sola: essere stimati ed apprezzati come una famiglia “per bene”.
Poi, nel tempo, i figli sono stati fonte di preoccupazione e di difficoltà di collocamento quando il lavoro impegnava entrambi e genitori e l’educazione si è poi demandata alla televisione, al sistemare i figli, la sera, davanti allo schermo, incapaci di ascoltarli, di capirli, di sentirne le aspirazioni o le contrarietà di un vivere che non potevano sentire come loro. I nonni, i bene amati nonni che spesso tenevano con se i nipoti più di quanto lo facesse la famiglia, forse per stanchezza o per diversa mentalità non sapevano educarli. Meglio dargliela sempre vinta in modo da evitare lamentele, discussioni con i nipoti ed anche con i loro genitori.
Nel contempo anche la società ed una certa parte di chi avrebbe dovuto tracciare le linee di una educazione, ha prospettato l’educazione del “tutto permesso”, del tutto deciso dal ragazzino, anzi già dal bambino, assurto ad essere autonomo in ogni decisione ed in ogni occasione. Si è passato dal dire “zitti bambini che parla l‘adulto, al dire zitti tutti che parla il bambino.
Cosa poteva generale un tale tipo di educazione nel tempo? Poteva solo generare dei grandi “Io” dei grandi “faccio come voglio” altrimenti chiamo un qualche telefono di un qualche colore e mi lamento, così vedrete cosa succederà”.
Questa ultima conclusione potrebbe apparire sbrigativa o troppo fantasiosa, ma crediamo non sia molto distante dal vero poiché ha contribuito a creare nell’adolescente un piccolo adulto che fa da se, decide da se e si muove da se, con pieni diritti.
La politica e la religione non attraggono più le giovani generazioni ed ancor meno li attrae l’andar bene a scuola, il segnalarsi come modello in positivo. I famosi primi della classe sono spesso derisi e bullizzati come dei perdenti, dei senza carattere. Prevale chi sa farsi valere in ogni circostanza, chi ha le mani e la lingua pronta in ogni circostanza e diventa “capo”, quel Capo che sa riunire altri attorno a se, che desiderano emularlo, essere da lui lodati per una bravata o uno scherzo di cattivo gusto. Il branco segue le leggi del Capo, senza pensare e senza chiedersi se sia giusto o sbagliato. Deve imporsi ai più deboli, lasciarli in soggezione, deriderli delle loro fragilità o della loro educazione.
Poi alla luce degli ultimi eventi criminosi nel vero senso della parola, ci si accorge che lo Stato quasi non ha strumenti per contrastare questo fenomeno e le famiglie sono nella stragrande maggioranza convinte che si tratti di semplici “bravate” anche quando l’aggredito finisce all’ospedale.
Negli USA è di questi tempi il fenomeno gravissimo delle sparatorie quasi quotidiane con morti e feriti, poichè le armi come nel vecchio west, sono alla portata di tutti, anche dei giovanissimi. Facciamo attenzione perché questo fenomeno che la politica e gli interessi USA non riescono o non vogliono contrastare, potrebbe rapidamente diffondersi anche da noi, potrebbe affacciarsi prepotentemente in una società che non sa educare, non sa o non vuole reprimere in maniera seria i fenomeni criminosi giovanili, mettendo le famiglie davanti alle loro responsabilità costi quel che costi, per il bene di queste giovani generazioni lasciate troppo spesso da sole, senza regole, senza freni, senza l’indicazione di cosa si può e di cosa non si può fare, costi quel che costi con buona pace di tutti, senza se, senza ma e senza “ma si poteva fare in maniera diversa”…
Pier Marco Gallo