sabato 27 Luglio 2024 - Anno 33

LO SPORTELLO LEGALE

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Rubrica a cura dell’Avvocato Piera Icardi
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IL DIRITTO ALL’OBLIO, QUANDO LA RETE UCCIDE
“Ricordati di dimenticare”
suggeriva ai suoi tempi Friedrich Nietzsche, filosofo e scrittore del XX secolo.
Suona strana questa frase,  oggi, nell’era del digitale, in cui abbiamo tutti i cellulari pieni di video e foto e continuiamo a riprendere e a fotografare qualunque cosa perché vogliamo rivedere tutto anche a distanza di anni.
Ci sono, invece,  persone che hanno necessità di scordare e vogliono  essere dimenticate da tutti;  per loro esiste una forma di tutela chiamata diritto all’oblio che consiste nel non rimanere esposti  per sempre alle conseguenze dannose che possono derivare alla loro reputazione da fatti commessi in passato o da vicende in cui sono rimasti coinvolti.
Un fatto di cronaca ormai  conosciuto ed assimilato dalla comunità può tornare ad esser privato ed il nostro ordinamento deve garantire pienamente il diritto alla riservatezza e alla reputazione dei soggetti coinvolti.
La prima forma di regolamentazione del diritto all’oblio si trova nel Regolamento Europeo n. 679 del 2016 e sancisce il diritto di ogni persona a richiedere e ad ottenere la cancellazione dei propri dati personali.
L’unica limitazione si verifica quando la diffusione di tali informazioni è necessaria per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione ed informazione, per adempiere ad un obbligo legale o per l’esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse, per motivi di interesse pubblico, di ricerca scientifica o storica, per l’esercizio della difesa di un diritto in sede giudiziaria.
La prima pronuncia rilevante in materia risale al 13 maggio 2014 con la quale i Giudici comunitari, a definizione della controversia C-131/2012,  hanno affermato che l’interessato, in virtù degli artt. 7 e 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea può chiedere che una informazione presente in rete non sia  più  disponibile per gli internauti.
Il Tribunale di Roma con la sentenza n. 23771/15 ha sancito che il diritto all’oblio non è altro che una peculiare espressione del diritto alla riservatezza;  ogni cittadino è legittimato a chiedere al singolo motore di ricerca che siano rimossi i contenuti delle pagine web che lo dipingono in maniera non attuale e che sono idonei a ledere la sua  reputazione e la sua riservatezza.
Occorre, pertanto,  che il fatto sia piuttosto risalente nel tempo ed abbia uno scarso interesse pubblico. Come fare, in pratica, per ottenere  la cancellazione delle informazioni che ci riguardano da internet?
La richiesta andrà presentata compilando un modulo facilmente reperibile online e messo a disposizione dal motore di ricerca che ci interessa;  andranno  indicati i motivi della richiesta di  cancellazione ed allegata la copia di un documento di identità del richiedente.
Non sono poche le vicende di cronaca che hanno avuto epiloghi drammatici come quella di Tiziana Cantone, la giovane donna napoletana della quale circolavano video hard in rete a sua insaputa.
Dopo la diffusione capillare delle immagini la ragazza aveva iniziato una battaglia legale per far valer il diritto all’oblio ed aveva ottenuto dal Tribunale di Napoli Nord un provvedimento di urgenza con il quale veniva intimato ad un social di eliminare post, commenti e contenuti multimediali sulla sua vicenda.
Troppo tardi però perché,  nonostante avesse anche avviato un procedimento per cambiare cognome,  la diffusione di quelle immagini, della sua foto e delle sue generalità sono state un peso troppo forte e lei ha deciso di mettere fine alla sua stessa vita.
Tiziana chiedeva soltanto il diritto all’oblio: il diritto di essere dimenticati da tutto e da tutti per poter ricominciare una vita normale.

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