giovedì 10 Ottobre 2024 - Anno 33

LA TRAGEDIA DELLA  FATALITA’ E DELL’ INESPERIENZA

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Tre giovani annegano nel Natisone.
La morte di tre giovani, di  cui uno ad oggi ancora disperso, che si è verificata nel primissimo pomeriggio di venerdì 31 Maggio sulle rive del fiume Natisone nei pressi del Ponte Romano di Premariaccio in provincia di Udine, ha avuto un’eco mediatico notevole e colpito profondamente tante persone. Il fiume a carattere torrentizio e quindi soggetto a piene improvvise, aveva varie volte causato allagamenti in alcune località lungo il suo tumultuoso corso.
Tre giovani Rumeni Cristian Casian 25 anni, Patrizia Cormos 20 anni e Bianca Doros 23, si erano recati sulle rive del fiume, al momento tranquillo, in un tratto abbastanza facile da raggiungere, ghiaioso e leggermente  sopraelevato rispetto al corso dell’acqua, per trascorrervi qualche momento di serenità forse non tenendo in debito conto i cartelli di non balneazione ed avviso del pericolo di annegamento. Verso le 13 probabili intense piogge più a monte hanno, improvvisamente, fatto innalzare il livello dell’acqua che ha raggiunto i tre ragazzi a pochi metri (forse non più di una decina) dalla riva. Dalle immagini girate con i cellulari si vedono i tre con indosso i vestiti , abbracciati ed  immobili con l’acqua poco sopra le ginocchia.  In quei pochi minuti a disposizione prima che l’acqua li trascinasse via, forse paralizzati dal terrore, non hanno neppure tentato di spostarsi verso la riva, quasi attendendo la loro tragica fine. In quei minuti una delle due giovani ha chiamato per ben quattro volte il 118, la prima alle 13.29 richiedendo aiuto.
Le operazioni di soccorso non hanno avuto un esito positivo anche perché la probabile crescita della piena del fiume ha impedito a chiunque di avvicinarsi ai tre o di riuscire a farli aggrappare ad alcune funi che sono state lanciate, pare, dal ponte verso di loro. E’ anche intervenuto un elicottero, ma ormai era troppo tardi.
La Magistratura ha aperto un’inchiesta, al momento senza indagati, per omicidio colposo, con lo scopo di verificare se siano state tempestive le operazioni di soccorso nella mezz’ora circa trascorsa dall’inizio della piena. Anche la cartellonistica con gli avvisi di divieto di balneazione e rischio di annegamento è sotto indagine. Ma è certo che sono stati molti i fattori negativi in gioco. Innanzi tutto l’inesperienza dei ragazzi che, pur non bagnandosi nelle acque del fiume, non hanno saputo reagire con prontezza all’arrivo della prima ondata di piena, rimanendo fermi ed abbracciati in un momento in cui, forse, avrebbero potuto insieme raggiungere la riva, Poi sarebbe anche da considerare il fatto che nessuna delle persone presenti sul ponte abbia pensato di scendere il sentiero verso il fiume e cercare di farli avvicinare alla riva quando la corrente non era ancora così forte da trascinarli via. E, da ultimo non si poteva, oltre alla cartellonistica di avviso, installare una sbarra da chiudere manualmente in caso di previsione di piena in modo da impedire l’accesso al fiume?
Ma quello che più rattrista  chi una certa esperienza nel settore del soccorso l’ha maturata è il fatto che, oltre alla supposta lentezza nell’intervenire, non si sia pensato ad un soccorso immediato e più ravvicinato ai tre nell’immediatezza dell’accaduto. Il cittadino, tutti i cittadini, hanno il dovere di soccorrere, in base alle proprie  capacità e forze chiunque si trovi in difficoltà. Ma questo troppo spesso non accade per i più ari motivi: paura di intervenire per le conseguenze future (indagini, interrogatori ed altro), sottovalutazione del pericolo reale vivendo la cosa come un fatto distante da se, degno solo di essere immortalato nel cellulare, convinzione che ci sia sempre “qualcun altro” che deve intervenire.
Una minima conoscenza delle più elementari nozioni di Protezione Civile sia da parte dei ragazzi che da parte di chi era presente all’accaduto avrebbe potuto evitare la tragedia e la perdita di tre giovani vite. Anche questi ragazzi, ormai, come tutti giovani, sono poco inclini a valutare il pericolo, a ragionare sul dove sono e su cosa stanno facendo. Non abituati a valutare i pericoli insiti nel luogo in cui si trovavano, non abituati al mare, in montagna, nei laghi o nei fiumi, ad informarsi su eventuali allerte  meteo, su eventuali potenziali pericoli creati da situazioni di maltempo che da giorni perduravano sull’Italia Settentrionale.
Tutti noi dovremmo essere istruiti sulle più elementari regole di vita, sui comportamenti da tenere nelle più svariate situazioni di potenziale pericolo, e questo dovrebbe iniziare dalla scuola primaria e poi proseguire negli anni come una specifica materia di studio. Ma ad oggi ancora poco si è fatto dando sempre la colpa al caso ed alla fatalità.
Ma questo, ed è quello che maggiormente colpisce, non è un video gioco che se va male lo si può ricominciare da capo. Qui, purtroppo era tutto vero ed anche se le indagini in corso potranno trovare del colpevoli a quei ragazzi la vita non la potrà più ridare nessuno.

Pier Marco Gallo

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